Oh! sarebbe anche troppo, in tal caso, il suo coraggio, poiché conosco i vostri uomini da chiostro, e so che non vanno sì avanti: l’avrebbe scoperto sicuramente un odor di cappuccio o di tonaca, e si sente subito in certo stile monastico da cui non può tal gente esentarsi. Pensate poi se avrebbe taciuto alle critiche, o se i suoi confratelli avrebbon tenute le mani alla cintola o al cordone. Cercano essi per proprio istinto queste occasioni di far battaglie, e avreste veduta una legione armarsi e combattere. Vi confesso che trasecolerei, se ciò fosse, poiché certo mi pare un gran fenomeno, che un uomo di tal professione ardisse uscire da’ pregiudizi a tal segno, e un maggiore, che sapesse tacere irritato ed offeso. Bella sarebbe, in verità, ch’egli avesse più forza di spirito e più indifferenza che lo stesso conte Algarotti, uomo di mondo, uomo di corte, e di corte prussiana. Vorrei ben vedere che, mentre questi fa manifesti, apologie, proteste ne’ fogli letterari e nelle sue nuove edizioni, si scusa e si difende in italiano e in francese, colle donne e co’ dotti, in prosa e in versi citati, e mostra tremare e sbigottire all’aspetto d’un pericolo così frivolo di qualche critica pedantesca, si trovasse una cocolla, un cappuccio, una callotta, che valesse più d’una spada e d’un pennacchio! Questa sarebbe, in verità, la maggior prova della servilità delle lettere italiane, e della bassezza e viltà dell’italiana critica, se giungesse a farsi terribile ad un uomo sì navigato, sì rispettato, sì ricco e sì favorito da tutti i popoli e i sessi.
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Algarotti
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