— Ma — soggiunsi io — voi sembrate, nelle vostre accuse contro l’amico, non sol difendervi del reato di complice in quella edizione, ma dargli la taccia di tirannico, mentr’egli anzi, a mio parere, vuol mettere in libertà la poesia, e trattate da triumvirato l’unione da lui fatta de’ tre poeti, quando tutti la trovano una strada aperta al vero repubblichismo letterario. E la critica di Dante, non mira ella a scuotere il giogo, a liberar dalla schiavitù e dai pregiudizi la nazione e la poesia? È possibile che voi siate adoratore sì cieco di Dante come gli altri, dopo che avete viaggiato in tanti parnasi e antichi e moderni e avete scritto in tanti stili(50) e tanto diversi con tanta gloria vostra presso tutte le nazioni? Vi giuro che non so darmelo a credere, e vi sfido a farmelo creder voi stesso. Orsù, siamo inglesi, e non mi fate l’italiano fuor di proposito: ditemi schiettamente il parer vostro.
Sorrise di nuovo l’Algarotti a queste parole, e disse:
— Vi dimando prima il segreto, e poi son per farvi la mia professione di fede, giacché siete sì incredulo e curioso. Sapete voi che, per un motivo diverso, potete mettermi, rivelando il mio arcano, che è come il famoso secret de l’Eglise(51) dell’abate di Boismorand, che ne fece tanto ridere un giorno, potete mettermi, dico, al pericolo stesso, nel quale incappò il povero dottore Sacheverel(52) a voi ben noto? Qui bisogna predicare l’ubbidienza anche ai sovrani delle lettere, chi non vuol esser bruciato. Ma mi fido di voi, e vi dirò in breve che non solamente io, ma tutti i veri uomini di buon gusto italiani, han la stessa opinione, di Dante e dei cinquecentisti, che ha il finto Virgilio, e se la dicono talora l’un l’altro, ma nell’orecchio per non essere uditi.
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