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      Né i nostri maestri medesimi, eziandio antichi, non sono stati sì sciocchi da non vedere una verità sì palpabile. Si è fatto, anzi, troppo onore all’autor delle lettere, come se fosse il primo ad aver occhi in capo. II Bembo(53) tra gli altri, che certamente non è sospetto, e vivea nel miglior tempo delle lettere e del gusto, onde ha tanta autorità, il Bembo dice assai più, contro Dante, di quel che ne dican le lettere. II Gravina(54), il Conti(55) (per tacerne molti), uomini certo di buona critica non meno che di buon gusto, e tutti e tre partigiani dell’antichità e scrittori eccellenti e classici, liberamente han criticato questo o quel mancamento, o di Dante o de’ cinquecentisti o della letteratura italiana, che si trovano criticati nelle lettere, le quali, alla fine, non hanno altro pregio o difetto lor proprio, se non quel di spargere di qualche aceto e sale le opinioni altrui per farle più forti e saporose, affin di risvegliare i palati troppo ottusi. Ma basta avere quel che in inglese voi dite sì bene self-consciousness, che si direbbe coscienza del vero, oppure senso intimo del vero, e ognun vede la verità. E chi è quell’uomo ragionevole che non senta e non vegga l’asprezza dello stile di Dante, la mostruosità dei suoi quadri, la lunghezza insoffribile delle sue visioni, la stravaganza delle sue immagini ed invenzioni, l’oscurità delle sue allusioni, l’orrore delle sue rime e l’irregolarità del suo poema? I ciechi e zelanti adoratori di Dante niente veggon di questo, e voglion sol che si veggano maravigliose bellezze.


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Lettere Virgiliane - Lettere Inglesi e Mia Vita Letteraria
di Saverio Bettinelli
1758 pagine 205

   





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