.. nel tomo I delle sue opere, e massimamente quel passo che qui vi metto dinanzi(64), mi citò pure e diede i passi del Conti e del Maffei(65) e del Gravina(66), che paiono tutti aver dato al nuovo Virgilio i pensieri, e quasi ancor le parole, della Lettera sesta. E, quanto agli imitatori del Settecento, soggiunse che hanno ottimamente fatto i ristoratori ultimi del buon gusto a venir tergendo ai fonti del 1500 la tintura e i vizi del Seicento, essendo questo come una purga necessaria dopo una gran malattia; ma, quando si son recuperate le forze, dopo la purga si dovea poi mangiare buon cibo e seguir l’appetito liberamente in vari gusti e uscir dalla tutela dei medici e della dieta. Altrimenti, restando immobilmente sulle pedate dei cinquecentisti, per fuggire il Seicento, egli era altrettanto che passar dalla peste alla carestia, come disse Metastasio in tal proposito, oppure cambiar solamente la qualità del morbo in vece di guarire, cioè farsi etici o tisici d’idropici ch’erano in prima. Né solamente ai poeti facea questi rimproveri, ma a’ prosatori ancor più, che, in questo tempo che dovrebbe esser di libertà e sanità e robustezza, scrivono tra i ceppi del Bembo, del Casa, del Varchi e per sin del Boccaccio, del Passavanti, del Villani ecc., che è un languore, uno sfinimento. Vi son pur tanti, diceva egli sclamando, che scrivono eccellentemente, e piacciono a tutti, anche rigidissimi grammatici e puristi(67), senza quella stitichezza e secchezza insoffribile. Gravina, Maffei, Vallisnieri, Salvini, Redi, Tagliazzucchi, Conti, Foscarini e i due Zanotti e tanti altri, ancorché non siano de’ predestinati nell’accademia della Crusca, son pur maestri alla Crusca medesima del bello e saggio e vivace scrivere e franco in tanti diversi generi e gusti e maniere.
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