Ma non è epico, mi diranno, come il dissero del poema di Milton, ed io risponderò col vostro Adisson: il chiamino pur, se vogliono, poema divino, quei che epico chiamar nol vogliono.?
Sin qua non era io scontento del ragionamento, ma, tentandolo appresso su varie particolarità delle critiche, mi rispose secondo i più bei pregiudizi della sua educazione. Quel che vi parrà più curioso, si è che le sue difese di Dante, a un di presso, le trovai poi stampate in un libro di autor, per altro, di merito, come se si fossero accordati insieme a dir le stesse inezie misteriose non meno che puerili, o come se ci fosse nella vostra nazione una misura di pensare per tutti, che a tutti dovesse servire e obbligasse tutti, dice il bravo Alambert(70) in altro proposito, a pensar come pensa il padre priore. La sola differenza che v’ha, tra il reverendo e l’autor del libro, si è quella del loro stato, perché il primo avea un tuono di serietà dogmatica e di gravità cenobitica, il secondo parla con amenità e scherzi, benché, a dirvi il vero, non m’abbia fatto giammai sorridere, per quanto volesse pur che il lettore ridesse. Ma sono anche i suoi scherzi, io credo, presi dal Cinquecento o dal Trecento, onde, in tanta età e viaggio, han perduta la forza. Del resto paion gemelli, i due partigiani danteschi appassionati. Anche il frate mi disse che la quistione non è nuova, ma antica: solo, non si servì della ridicola similitudine della luna, come fa il libro, a principio, per rendere a suo modo brillante il suo episodio(71). Entrambi nominarono il Bulgarini e il Castravilla(72), come nemici di Dante, ma si guardarono dal nome del Bembo, perché ha troppo peso.
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