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      Vedrete che bella invenzione è questa, e come l’interprete(80) suda e argomenta a provare qual fosse la vera intenzione di Dante, e come condanna e combatte altri interpreti (tanto è chiaro il testo) ed altre interpretazioni, e come bisogna ricordarsi che il mille trecento fu l’anno del giubbileo(81) per capir bene la cosa. Ma per intendere l’altro passo, criticato dal finto Virgilio, sopra il «non mangiar terra, né peltro», o sopra i due termini di Montefeltro e di Feltre, ci vuol altro che una lettera mia. Si tacciano d’ignoranti gli altri comentatori benché antichi cinquecentisti e venerati da tutta Italia(82), per farvi un bel tratto godere di storia sconosciuta innanzi e di una profetica virtù di Dante(83) e di un artifizio suo per esprimere l’avvilimento de’ tiranni colla viltà della rima, non mai per violenza di questa (perché convien dire che molte fossero al tempo di Dante le rime in eltro) e di altre cose belle, onde tutte son piene quelle dediche, prefazioni, dialoghi, lettere, ecc. ecc. ecc. Tutto questo forma un libro, sapete, e il libro, di tanti titoli e forme e idee differenti è di pochi fogli, onde almeno la varietà vi diletti, se lo stile vi fiacca e il disgregamento vi fa perdere il filo. Ma i rami poi rimediano a tutto con la vaghezza de’ nuovi pensieri pittoreschi e nobilmente satirici, come quelli del lion vivo e del lion morto (credo ad onore della lonza e del lione di Dante) e della sua coda e dei leprotti, che giocan con quella coda, e simili gentilezze.


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Lettere Virgiliane - Lettere Inglesi e Mia Vita Letteraria
di Saverio Bettinelli
1758 pagine 205

   





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