Ma riflettete voi un poco, se non è vero che il vostro paese abbonda di talenti e gli guasta. Perché, per dire il vero, si vede nel monaco, leggendo le cose sue, una forza di pensare e di dipingere capace di non ordinario riuscimento e vicina di molto al disinganno, e il secolare pure ha dato qualche indizio qua e là di poter far molto più di quello non fa. Ma i legami del primo gl’impediscono di volar alto, e l’impegno preso dal secondo, di giurar fedeltà ai librai e alle loro edizioni, lo ritien sempre a terra e gli fa spendere tanto inchiostro inutilmente per lo suo secolo e più per la posterità. Addio.
LETTERA NONA
Lasciando dunque da parte le questioni e le guerre che vidi con riso e sdegno eccitate più volte in Italia per somiglianti e più frivole cause ancora, vi dirò che in Roma fui assicurato non avere il nuovo Virgilio altra cosa inteso di fare se non che di mettere qualche riparo agli abusi di qualche setta e alla tirannia di alcuni pregiudizi dei quali molti ne accenna, come sapete. E, se voi non vedete la guerra accesa se non che per Dante, ciò appunto è per quella edizione di Dante, che si credea minacciata dalle Lettere virgiliane, onde potea scemarne l’onore, anzi il lucro agl’interessati. Il Petrarca, infatti, criticato non meno di Dante da quelle lettere, e Bembo e Casa e Tasso e i cinquecentisti, non han messo l’arme in mano ad alcuno, benché peggio trattati di Dante, perché di loro non si facean di quel tempo nuove edizioni, né tanto dispendiose.
Ma voi mi fate delle obbiezioni contro la critica de’ moderni, e volete risposta.
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