Intanto non sanno né studiano punto né la lingua né la letteratura vostra, se ne eccettuate quattro arie di Metastasio dopo che fu stampato a Parigi pochi anni fa, la storia di fra Paolo, le opere del Macchiavello, e qualche simile autore, che leggono sulla fede di Voltaire. Ma, al tempo di que’ famosi critici, meno ancora si conoscevano gl’italiani da loro stessi, tra’ quali Boileau, tanto severo giudice del Tasso e del gusto italiano, ignorava la vostra lingua e ne giudicava sulle traduzioni. Ma leggete, se volete ridere, la settima riflession critica, ch’egli fa contro Mr. Perrault. Eccola qui, che l’ho trovata ne’ miei repertori come un bel monumento delle umane contraddizioni. «Nel che» dic’egli «non può biasimarsi Mr. Perrault quanto merita, poiché, non sapendo esso la lingua d’Omero, viene a fargli arditamente il processo sulle bassezze de’ suoi traduttori, ecc.», e segue a lungo sferzando Perrault per quella colpa medesima di che era egli più reo censurando gl’italiani. Per verità, leggendo tai cose, io perdonava al marchese Maffei, e a molti italiani perdòno, una specie d’avversione che hanno contro i francesi in fatto di letteratura. Ma volete voi ridere ancora più? Potendo avere tanta ragione alcuni vostri compatrioti in questo, pur vogliono avere il torto. Odiano e sprezzano tanto i francesi, che non li leggono, non san la lor lingua e non vogliono sentirli nominare; ma, nel tempo stesso, dicono mille difetti della lingua e del gusto, delle tragedie e del teatro francese, e del resto.
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