Anzi vi piace di saper la popolazione, la fertilità, il commercio, i prodotti d’ogni clima, e vi piacciono i frutti, e beete i vini degli altri paesi. Ma perché, dunque, in fatto di lettere non volete altro che cibi e bevande italiane, che poi saziano a lungo andare? Voi vi ridete del marchese Cir..., ch’è stato piuttostosenza mangiare a qualche tavola, perché ogni piatto avea nomi francesi; guardate che non si rida di voi».
Così dicea io, e pareami dire il vero, siccome mi paion ridicoli tanti italiani ed inglesi, che tutto voglion francese, e spregian le cose patrie, così parmi ridicolo chi spregia tutto il francese, vuol solo il patrio. In vece di criticarsi perpetuamente l’un l’altro, e di spregiar l’altrui, perché mai, ditemi, perché non si fa una lega piuttosto tra le provincie d’Italia, anzi tra i regni d’Europa? Siamo pur ingegnosi per ristringere il circolo della vita e del piacere, o piuttosto siamo pur pazzi per marcire nella nostra superba miseria! Vi son delle cose proprie alle nazioni, leggi, costumi, religioni, ve ne sono che dipendon dal clima, dalla situazione, dal governo: bastino queste a distinguere gli uni dagli altri. Ma nelle cose che ponno chiamarsi un fondo universale della natura comune a tutti, perché non godiamo dei beni altrui, e non li facciam nostri propri? Dai francesi si prende la cucina, il vestire, ogni moda più frivola, e siamo stolidi a segno di mandar de’ milioni in Francia per averne dei drappi, e de’ cuochi, che potremmo farci da noi con un poco di attenta industria.
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