Perché, in vece, non prendiamo da loro delle buone tragedie e commedie, per farne noi delle simili, perché non imitiamo i loro storici e i loro oratori migliori? Noi altri inglesi veniamo in Italia a cercar delle antiche edizioni, dei vecchi quadri, delle curiosità letterarie, e in tutto siam tanto spesso ingannati; ma perché non prendiamo tra voi il buon gusto dell’architettura, come il Lord di Borlington(96), il gusto della pittura e della musica, trasportando tra noi de’ maestri per allevare i giovani inglesi, in luogo del lusso che usiamo in chiamare le vostre virtuose, e a far dell’opere in musica di personaggi mal combinati, delle quali non vidi una sola riuscir mai? Così facendo, noi verremmo a capo della riforma tanto bramata del nostro teatro drammatico, e così voi e noi, del comico e tragico se dai francesi prendessimo esempio, né noi vedremmo più sulle nostre scene di Londra tante figure di attori ridicole, tante sozzure plebee, né udremmo tanta gonfiezza di stile, né tanta oscenità, che fan vergogna ad uomo ben nato. E voi all’insipidezza del Trissino e del Rucellai e de’ comici del Cinquecento, che adorate dormendo, unireste un po’ di sapore di Chiari o di Goldoni, ma depurandolo, e nobilitandolo, e facendo degli uni e degli altri qualche vera commedia, sull’esempio del gran Moliere. Ma fareste ben altro che commedie, e noi ben altro che opere, se, riunendoci insieme con gli altri, e comunicandosi insieme i vari popoli i lor vantaggi, si uscisse una volta dalle puerilità nazionali.
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