Pensate come io ne tornai, dopo d’un breve giro, e se più mai ci tornerò, quando vidi i contadini medesimi sdegnar colà d’avvilire le mani con l’aratro, o di servire i passeggieri, e quindi vivere nella miseria per la gloria di portare una spada rugginosa e un cappello a pennacchio, e di darsi e ricevere il titolo di cavalleros. E peggio ancor delle loro campagne stava la loro letteratura, la filosofia, l’oratoria, ecc.(97).
Buon per noi che non giungiamo a tanta gloria né in Inghilterra né in Italia, per amor della patria e per disprezzo degli stranieri, ma è ben doloroso insieme che, avendo vinti altri pregiudizi, siamo ancora attaccati ad alcuni, non men vergognosi e pregiudiciali alla patria, per falso amor della patria e per falsissimo amore di gloria. Ma in questo, credetemi, gl’italiani ne vincono assai, quando giungono a dichiarare una guerra a qualche buon critico per quel medesimo che meriterebbe un premio. Se alcuno v’è paruto un ribelle, perché ha criticato Dante e Petrarca e gli abusi non pochi della vostra letteratura, pur ha rispettati ed anche seguiti i vostri pregiudizi, ove parla de’ francesi. Ma di questo non gli san grado i critici vostri, i vostri cinquecentisti, per poter più liberamente maltrattarlo, e senza la noia di dover dargli un poco di lode. Sebben vi sono di molti, anche per questo, che l’han biasimato, cioè i partigiani del gusto francese, perché v’è tra voi l’uno e l’altro partito, e l’uno e l’altro all’eccesso, sicché potrei farvi una lettera sulla cieca adorazione de’ vostri compatrioti verso la Francia anche in letteratura, non che nelle mode.
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