Io vorrei invitare a pranzo principalmente i signori precettisti di poesia e d’oratoria, che sono i più mal nodriti, e che danno un pessimo nodrimento alla nazione e agl’ingegni. Essi voglion far de’ poeti e degli oratori, senza esser punto né oratori né poeti, come se si potesse esser buon cuoco senza neppur assaggiar del piatto e della vivanda che si vuol far mangiare. Oh m’è sempre paruto pur tanto ridicolo questo contraddittorio! È vero che Orazio, Pope, Boileau (lascio Menzini e tal altro, perché mi piace citar gli eccellenti) han fatti poemi di precetti poetici. Ma essi appunto doveano ciò fare, essi maestri dell’arte, che col precetto danno l’esempio, e siedono a mensa con voi e con voi mangian del cibo che v’hanno apprestato. Ma fra tanti, principalmente italiani, che han fatti de’ tomi di precetti per dar precetti, e han preteso crear de’ poeti standosi in cattedra, perché mai non si trova un poeta di pregio, che abbia prima se stesso creato? Mi fe’ stupore a Milano(103) il vedere sette gran tomi, tutti di questo gusto, stampati di fresco, e seppi essere d’uomo dotto e di merito veramente. Io credei che quest’uomo avesse impiegata tutta la vita giovanile a far poesie, e dimandai dei suoi versi. Mi fu risposto che nulla era rimasto di lui, fuorché per avventura in qualche raccolta, e poi seppi che avea già fatta una tragedia(104) subito dimenticata, lunga ben quattro volte più che le ordinarie, perché l’avea fatta secondo tutte le regole talché nessuna mancasse. Oh vedete come un maestro universal di precetti avea ignorato il più necessario, ch’è quel di fare non inutil fatica!
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Orazio Pope Boileau Menzini Milano
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