Ma parliamo in sul serio: spiegatemi, ve ne prego, le cagioni di queste follìe singolari. Dovrete dire ancor voi, che tutto nasce dall’amor proprio pregiudicato e cieco, dall’amor falso dell’antichità e delle cose patrie insieme. I toscani v’han sottomessi, e voi veneti e voi lombardi v’avete preso il giogo tanto bene, che vi gloriate della schiavitù e ve ne compiacete. Ma spiegatemi un poco onde mai venga, che le accademie intere, i gran maestri della poetica anche toscani, tengano il Tasso in pregio di classico, e lo difendano come impeccabile in ogni punto, e trovino il suo stile perfetto, il suo poema eccellente, benché sia tutto opposto e in tutto allo stile di Dante, al poema di Dante, al gusto di Dante. So bene, che quando era moderno ebbe anch’esso a patir da’ danteschi, e dagli ariosteschi eziandio, gran percosse, e che finalmente il tempo lo ha salvato, come salverà certo i Frugoni e i loro coetanei illustri dall’invidia degli emoli e dei pedanti. Ma perché, torno a dire, perché poi si passa col tempo alla superstizione dopo la guerra, e all’adorazione dopo il disprezzo? Perché vorranno gl’italiani accecarsi oggi, per non veder quelle macchie neppure che già furon nuvole, e vorranno rendere eterni e fatali ai seguaci di lui tanti errori che furono fulminati sin di scomuniche? Non sarìa meglio prender la via di mezzo, e, nel lodar le bellezze, far vedere le deformità, perché i giovani le sfuggissero?
Chi può giustificare quel mago Ismeno maomettano, che porta l’immagine di Maria dentro d’una moschea per difesa de’ turchi?
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