Non è egli questo il ritratto dei vostri allegorici comentatori, e delle lor misteriose visioni e indovinamenti sopra Dante e sopra il Tasso? Il piacevol si è, che, come i vostri per la Divina Commedia e per la Gerusalemme, così quelli per Omero, han profusa l’erudizione e il sapere entro i lor sogni e deliri. Dante merita scusa dell’essersi lasciato portare nell’allegorico dalla sua fervida immaginazione, in un tempo che assai pregiavasi il misterioso, perché non sapeansi trovar le bellezze della natura e giustamente imitarle, per cagion della lingua ancor rozza e del gusto non depurato, onde tanti vi furono, di quei tempi, scrittori di simboli e di allusioni, anche fuori di poesia. Ma Dante, almeno, sapea quel che volea dire, e mirava a grandi obbietti: velando così la morale filosofia ed inoltre la teologia rivelata, le tradizioni, le scritture, infin tutte le scienze abbracciò e fuse nella profondità di una sublime immaginazione, il tutto avvivando, dipingendo, e rivestendo di quadri, d’immagini, di pensieri nati in lui solo, da lui creati, e dalle sue forze sole sovranamente maneggiati. Oh, dice pur bene quel vostro scrittore nominato più sopra(113), quando fa sospettare a Virgilio e ad Omero che Dante gli avrebbe superati, se fosse stato a’ miglior tempi! Ma di lui voglio scrivervi più a lungo, e in una lettera dimostrarvi la stima che ho delle gran doti dell’uomo
e del poeta, malgrado le deformità del poema e dello stile. E che direte, vedendo il censore di Dante trovar pregi e bellezze, che non videro i suoi adoratori?
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