Ma nondimeno avrò bisogno di nuovi lumi da voi. Se non altro, vi metterò voglia di finire il mio abbozzo, e l’Italia ben merita un libro su tale argomento. Un inglese avrà il merito d’aver mostrata la via. E chi sa che dietro la storia e le epoche e le vicende delle lettere noi non troviamo delle osservazioni, dei raziocini, de’ computi, per far qualche sistema un po’ fondato sopra la metafisica dell’ingegno! Così i buoni filosofi, tenendo dietro ai fenomeni e agli esperimenti della storia naturale, procurano di venire, alla fine, ad un qualche sistema regolato sopra le leggi generali della natura. L’Italia letterata è il solo paese da cui si ponno trarre le provvisioni necessarie alla mia fabbrica, perché voi altri avete già cinque secoli, nei quali poter seguire il viaggio degli studi e de’ gusti, mentre i francesi appena n’han due, noi altrettanto, e i tedeschi meno. Siamo cadetti tutti e nobiltà nuova, in paragone degl’italiani. Addio.
Nota 1. Conti, Discorso della Poesia italiana. «Di un’altra cosa si accorse il Tasso, come disse nelle sue lettere, ed è che la rima, artifizio troppo ricercato, per non dir barbaro, non conviene alla dignità dell’epica poesia, e che vero strumento è il verso sciolto inventato dal Trissino, sebben da lui, come bene osserva il signor marchese Maffei nella sua traduzione d’Omero, non perfezionato, come poi cominciò a fare il Rucellai nelle sue Api, il Caro nella traduzione dell’Eneida, e ultimamente il Marchetti nella traduzione di Lucrezio.
| |
Italia Italia Discorso Poesia Tasso Trissino Maffei Omero Rucellai Api Caro Eneida Marchetti Lucrezio
|