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      Questo malanno accaderà ben tosto, e tu avrai a rimproverarti di non averlo impedito mentre lo potevi, giacchè era mia intenzione di assolvere il debitore, se tu fossi stata docile a quanto ti veniva proposto.
      Cecilia se ne andò tutta intimorita per la minaccia di Tribolo, pensando con sorpresa al debito del nonno, che essa ignorava. Tuttavia non disse nulla in casa, perchè delle afflizioni e dei guai ve n'erano abbastanza. Da cinque o sei giorni la mancanza d'ogni cosa necessaria si faceva crudelmente sentire. La madre si era alquanto ristabilita in salute, ma il lavoro le era venuto meno. Antonio, per quanto s'ingegnasse, non riusciva a procurarsi che pochi centesimi, e Cecilia riscuoteva la scarsa mercede del suo lavoro in fine di settimana. Il freddo era rigoroso, e si penuriava di legna, di vestito e di calzatura. Il pane a rigor di termine mancava. Cecilia diventò pensierosa, taciturna, e sbandì affatto il riso dalle labbra. La poveretta paventava di vedersi da un momento all'altro sequestrata, per ordine di Tribolo, la poca roba buona che ancora rimaneva in casa. Essa pensava che avrebbe potuto allontanare quella nuova sventura, e rimediare in parte alle altre che travagliavano la sua misera famiglia. Quantunque abborrisse da questa idea vergognosa, pure doveva ascoltarla suo malgrado, perchè le assediava la mente in casa, lungo la strada e durante il lavoro.
      Una sera, verso la fine di gennajo, la fanciulla, tremante dal freddo e colla fame in corpo, veniva dalle sue occupazioni ed entrava nella sua squallida camera, sperando di scaldarsi un poco e di sedere alla povera cena consueta.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





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