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      - Eh, perbacco, se io seguito così perderò le migliori occasioni di far danaro, disse tra sè in un momento di coraggiosa risoluzione. Cacciamo via la timidità, e facciamo come gli altri suonatori, che penetrano da per tutto senza tanti riguardi. Io guarderò bene dove metto i piedi e le mani, e spero che non mi accaderanno disgrazie. Finalmente queste superbe botteghe sono luoghi pubblici, e qualunque persona, anche mal in arnese, che abbia cinque soldi da spendere, può entrarvi a dare degli ordini, può sedere a suo agio sopra i morbidi cuscini, e stare a compiacersi in mezzo a tanto lusso. Ecco appunto che io mi avvicino ad un caffè dei più sfarzosi della città. È dunque deciso che io non passerò oltre senza aver dato prove là entro della mia intrepidezza. - Antonio pose lo strumento sul cavalletto, vi applicò il manubrio, e suonò una polka guastando il tempo come al solito. Anzi questa volta fece peggio che mai, perchè alle altre cagioni di tremito si aggiungeva l'idea di dover comparire in quella ricca sala, di cui guardava intanto lo splendore attraverso i vetri. I suoi proponimenti di voler essere intrepido andarono dunque in fumo, come era da aspettarsi, giacchè non si può comandare alle impressioni dei sensi nè alle commozioni dell'animo. Per altro si può sfidarle e voler agire sotto il loro impero, ciò che appunto fece Antonio. Battuti più volte i piedi per terra e scossa dai panni la neve, egli entrò nel caffè colle timide cautele e cogl'impacci dei profani che entrano per la prima volta in una reggia.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





Antonio Antonio