Una trentina di avventori sedevano in crocchi separati intorno ai tavolini, sorseggiando bevande più o meno squisite, e tenendo discorsi più o meno insipidi. Alcuni leggevano i giornali politici, e pensavano che Sebastopoli è un osso duro da rodere. Altri leggevano i giornali letterarii, e pensavano che non vi è più letteratura sopportabile nel giornalismo. Un giovane ed elegante signore sedeva isolato in un angolo, fumava un sigaro, e pensava ad altra cosa. I conoscenti e gli amici non lo accostavano, perchè il suo saluto breve e fuggitivo significava chiaramente: Lasciatemi tranquillo in questo momento. Chi è sopraggiunto da una sventura o da una prosperità sente il bisogno di star solo coll'affanno o colla gioia che lo possiede, almeno nei primi istanti del sinistro o del fausto avvenimento. Non era la sventura che avesse visitato quel giovane, e fattolo bramoso di starsene in disparte muto e raccolto in sè medesimo. Infatti non aveva alcun segno di mestizia in volto, anzi la sua fronte era lieta, i suoi occhi brillavano di serenità, e le sue labbra si componevano ad un sorriso di compiacenza. Il molle abbandono della persona, la gamba che teneva sovrapposta e dondolante sull'altra, la giocosa maniera con cui mandava in aria i buffi di fumo, tutto insomma diceva che gli passavano per la mente immagini rallegranti, e che assaporava il diletto della propria felicità. Sì, egli era compiutamente felice, e considerava quel giorno come il più bello della sua vita. Quel giorno aveva acquistato la certezza di essere riamato dalla donna del suo cuore, e le prove avute erano le più infallibili e le più soddisfacenti.
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Sebastopoli Lasciatemi
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