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      Così fu che diventai calzolajo, come sarei diventato sarto se la mano fosse caduta sull'altro pezzo di carta. Mi si dirà che per esercitare un mestiere bisogna averlo imparato a tempo debito, e che da un giorno all'altro non si acquistano le cognizioni. Io ne convengo, ma con un poco d'ingegno e di entratura si riesce presto in certe piccole faccende. Non si trattava già di trasformarmi in medico nè in avvocato. Dopo un mese di studio e di pratica sulle mie proprie scarpe, io fui in grado di racconciarne e farne di nuove ai miei compaesani, che per verità non sono di molto difficile contentatura. In seguito poi ho potuto perfezionarmi così che i miei lavori non temettero più confronti, e persino il sindaco ed il curato mi diedero la loro clientela. Guardi mo' se dico esagerazioni e millanterie. Una delle sue scarpe è finita; esamini un po' che solature coi fiocchi sa fare maestro Giacomo,
      Egli mi porse la scarpa da esaminare. O amor proprio ingannatore! O cieca stima di noi medesimi! O ignoranza delle nostre dappocaggini! Quella scarpa era aggiustata orribilmente. Il nuovo non combaciava col vecchio, i punti erano lunghi e disuguali, la suola mal ritagliata e sporgente qua e là dal tomajo, un lavoro insomma da guastamestieri. Quella scarpa mi fece dubitare dell'antica perizia di Giacomo cacciatore. Non pertanto bisognava dire: va bene, tanto più che egli stava lì colla faccia ridente in aspettazione d'una parola di lode. Sebbene un poco stizzito, io non volli lamentarmi, nè distruggere la confidenza che egli aveva nella propria abilità. Io gli dissi dunque: Va bene, maestro Giacomo, in riguardo se non altro del piacere che mi procurava il suo racconto.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





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