Allora io gli risposi che non voleva nessuna restituzione, e che anzi, se si degnava di accettare, io gli avrei fatto di tempo in tempo qualche dono secondo che permettevano le mie deboli forze. Egli non ricusò, ed io da quattro anni e mezzo non manco alle mie promesse.
Voi siete un uomo di buon cuore, da quanto ho veduto; voi trattate ancora con ogni riguardo questo conte, che se ne mostra così poco degno.
Io sono stato suo servitore, ed ho l'abitudine di praticargli queste rispettose esteriorità. Noi piccole genti non possiamo spogliarci mai di quella riverenza, e direi quasi venerazione, che c'inspirano i nobili ed i ricchi, quando pure non pregevoli per sè medesimi, o sieno decaduti dalla loro altezza di fortuna. Hanno un certo prestigio di superiorità imponente. Io ho un bel dirmi che il conte non è punto stimabile, e che io sono dieci volte più ricco di lui, ma non per tanto io potrei permettermi una parola od un atto che indicasse confidenza o dispregio. Non so capire il perchè di questa forza prepotente che mi domina mio malgrado.
Ve Io dirò io il perchè. Quando vedete il conte, voi vedete insieme gli stemmi della sua nobiltà, e i ritratti de' suoi avi collocati in ordine sulle pareti. Voi vedete i mobili sontuosi, le argenterie, le dorature, il lusso e lo splendore del suo palazzo. Voi vedete i suoi cavalli e le sue carrozze, il suo scrigno, le sue ville, e quanto insomma formava la corona abbagliante della sua grandezza. Tutto ciò è dileguato, ma non importa; voi lo vedete ancora cogli occhi dell'immaginazione.
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