Il signor Fabio chiama a sè Leonardo, che stava fra gli altri al letto dell'agonizzante, e gli dice con voce affannata e sommessa: Corri a prendere nascostamente il tuo bambino, imprestamelo per alcune ore, altrimenti sono perduto. Io pagherò immensamente il tuo servigio. Va, e vieni di volo. Leonardo comprese tutto, e si prestò all'infame gherminella. Bisogna sapere che egli pure era diventato padre, con questa differenza che il suo bambino aveva quattro giorni di più, e che nasceva da una concubina. Intanto il signor Fabio nascose il piccolo cadavere, e diede incumbenza altrove alla nutrice per tenerla lontana dalla culla. Quindi con grande ansietà e tumulto dell'anima aspettò il suo complice, passando un momento al capezzale della sposa, e poi fuggendo di là col pianto agli occhi, e protestando che troppo lo straziava l'assistere all'agonia della sua diletta. Dopo un quarto d'ora comparve cautamente Leonardo. Il bambino che teneva addormentato sotto il tabarro venne deposto nella vuota culla, e i due birbanti passarono di nuovo a fare mesta corona al letto della morente. Indi a poco il pianto e le querele di tutti annunziarono che era trapassata. Il signor Fabio gemente e disperato corse alla culla, si tolse fra le braccia il bambino, e presentandosi alla compagnia, così esclamò con viva espressione di dolore e di tenerezza: Aimè, io l'ho perduta per sempre! Mi rimane almeno questo pegno del nostro amore per mitigare in parte la mia afflizione. Il bambino, maneggiato sgarbatamente, si destò e proruppe in vagiti, attestando così, come voleva il signor Fabio, la sua sopravvivenza alla madre.
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