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      Secondo lui, Faustino nasceva da una madre debole, e morta di languore; il fanciullo partecipava della condizione materna, e più volte fece temere di non sopravvivere alla genitrice. In seguito parve fortificarsi, e venne posto in collegio, dove forse lo studio e il sistema di vita colà praticato gli furono di detrimento. Nondimeno vi stette per lo spazio di sei anni, abbisognando però di riguardi a motivo della sua gracilità. Quindi, nei due anni vissuti presso di lui, suo zio, aveva preso l'aspetto del giovane sano e robusto, con maraviglia di quanti lo conobbero nella sua fanciullezza. Ma ora che toccava l'età fatale ai disgraziati che covano il germe della tisichezza, era caduto con rapido progresso in tanto deperimento. Il medico fu pago di queste informazioni, non cercò di più, e si diede a tentare la guarigione dell'ammalato. Prima di mettersi a letto, Faustino aveva più volte riveduto Luigia alla solita finestra, e tenuto con lei le solite conversazioni di cenni, di sguardi e di sorrisi. Se non che gli sguardi ed i sorrisi erano diventati malinconici da ambe le parti, ed esprimenti il dolore. Luigia si affliggeva al vedere Faustino in quel misero stato, ed egli al vederla afflitta, e al pensare alla propria infermità. Tutti due poi si rattristavano di un amore che fino allora non aveva fondamento di speranze.
      Già da una settimana il giovane guardava il letto, e ubbidiva alle mediche prescrizioni. Suo zio passava molte ore accanto a lui, e sotto la larva della mestizia e del compianto, nascondeva un tripudio feroce.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





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