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      Il giovane pianse sommessamente e cadde in una profonda malinconia, che sempre più aggravò la sua infermità. Quando lo zio non era in camera, egli si alzava a stento e si trascinava alla finestra nella speranza di vedervi Luigia, ma sempre vanamente. La fanciulla, sapendolo obbligato al letto, aveva cessato dalle sue apparizioni, e se ancora ne faceva alcuna, era per volgere un sospiro ed una mesta occhiata al luogo che racchiudeva l'infelice oggetto del suo amore. Il caso fece che una volta s'incontrarono, e fu l'ultima. Luigia rimase quasi tramortita, giunse le mani, e guardò il cielo in atto di dolore e di supplicazione. Erale parso di vedere un cadavere che si movesse. L'amore e la pietà fecero al suo animo un crudele assalto, e non permisero che avesse lo sfogo del pianto. Faustino la guardò con occhi semispenti che più non potevano esprimere ciò che sentiva, alzò la mano scarnata per fare il cenno di salutarla, e poi con estrema fatica ritornò a coricarsi. Indi a poco entrò in camera Leonardo, che soleva visitarlo almeno due volte al giorno. Egli avrebbe voluto non più mostrarsi al letto di Faustino, ma bisognava che sostenesse fino al termine la parte di amico premuroso e affezionato. Ad onta della sua estrema perversità e del sangue freddo con cui aveva consumato un lungo e barbaro delitto, non poteva vedere con indifferenza gli effetti spaventosi dell'opera sua. Quel giovine sì bello e florido poc'anzi, da lui ridotto come scheletro, eragli uno spettacolo increscioso e svegliatore di rimordimenti.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





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