Non si dà uomo tanto perverso e fracido nelle colpe, che non oda in certi momenti qualche rimprovero di coscienza. Leonardo cercava di tranquillarsi col pensare: In fine dei conti non è poi una morte dolorosa la sua. Io non gli ho cacciato un pugnale nel petto, ma dolcemente l'ho condotto alla tomba sopra un sentiero sparso di rose.
- Come va, Faustino mio? gli domandò inchinandosi sopra di lui, e posandogli una mano sulla fronte che bolliva di febbre.
- Mi sento un poco debole, ma del resto non c'è male, rispose l'infermo con languida voce. Che ti pare del mio aspetto?
- A dirti la verità è tristo, ma lo era di più i giorni passati. Mi sembra che l'occhio sia meno appannato, e le labbra meno scolorate. Questi sono buoni indizj. Coraggio, amico mio, e guarirai.
- Voglio sperarlo. Alle volte però mi cade l'animo, e penso che mi sovrasta la morte.
- Malinconie!. Il mio presentimento è che tu debba scamparla.
- Tanto meglio, caro Leonardo. Allora io farò una vita ben diversa dalla passata, e metterò in opera le riforme che ti aveva promesse. Intanto comincerò con un atto, che mi gioverà egualmente se vivo come se muojo, e tu sei incaricato di eseguirlo. Domani farai sparire per sempre i libri, le stampe e le bottiglie che tu sai, e queste sono le chiavi dei ripostigli. Mi farai il favore?
- Certamente, rispose Leonardo mettendosi una mano sul petto, e pigliando coll'altra le chiavi. Entro domani non vi sarà più traccia di quelle cose.
- Sono contento, e ti ringrazio. Vivendo, non avrò più tentazioni in casa, e morendo, non lascierò le prove rivelatrici de' miei peccati nascosti.
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Faustino Leonardo Leonardo Leonardo Leonardo
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