Povero ingannato! Povero trastullo dei malvagi anche sul limitare della fossa! Ma di quest'ultimo inganno poco importa; egli non sentivasi per ciò meno felice. Egli credeva di possedere e baciare i capegli di Luigia, e tanto bastava a procurargli una gioja immensa. Il fatto sta che quei capegli appartenevano ad una delle giovani svergognate che avevano contribuito alla sua rovina. Questa baratteria, questo burlarsi dei sentimenti di un moribondo era cosa degna del tristo e fraudolento Leonardo. Se non altro Faustino aveva un talismano che serviva a mantenerlo nella gemina speranza della sua guarigione e delle sue nozze con Luigia. Eppure al misero non restavano che pochi giorni di vita. I soccorsi dell'arte non potevano più nulla per lui; i medici avevano già dato la loro sentenza, e lo visitavano ormai per solo atto di formalità. Il signor Fabio pareva costernato, e ordinava preghiere e tridui nei santuarii della città, onde impetrare il risanamento del nipote. Il manigoldo prendeva a gabbo anche il cielo, domandandogli un miracolo che mai non avrebbe voluto ottenere. Una sera sullo scorcio di ottobre Faustino spirò senza agonia e così tranquillamente come se si fosse addormentato. Tutti gli astanti piangevano quella morte immatura e compassionevole. Chi lo crederebbe? Anche le lacrime del signor Fabio e di Leonardo erano abbondanti, e quello che più fa stupire, erano sincere e spremute da una specie di dolore. Ciò ricorda il detto volgare che il coccodrillo uccide e poi piange le sue vittime.
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