Se gli Spartani di combattere soventi con gli stessi vicini, per timore d'insegnar loro la maniera di far la guerra, evitavano, la contraria massima dobbiam noi abbracciare. Una guerra lunga e continua ci converrà muovere, contro i nostri nemici, finattantochè, per trarci dall'abbiezione in che siamo, le virtù degl'avi nostri, abbiaci il lungo combattere, a riacquistare, portati.
La forza reale, regolare italiana, non potrà dunque essere tutta in un momento riunita, perchè anderebbe soggetta, prima di poter agire, ad essere dal nemico attaccata, e separatamente distrutta, ed in qualunque altro modo per separate frazioni insorga l'Italia, non le converrà mai d'immediatamente, a campo aperto quei vecchi battaglioni di Goti sfidare; coi quali non è mai permesso di venire a patti, ma debbonsi distruggere. Egli è ben vero, che come sudditi di un despota, di mente opaca, inattivi, e contenuti da irresistibile forza d'inerzia(119), solo della loro fisica esistenza occupati, (vizio naturale dei servi, i quali altro non hanno, che la cieca obbedienza per legge, e l'oppressione per regola) trovandosi a fronte di combattenti animati dal fuoco della libertà, e dallo stimolo della vendetta di tante vecchie e gravi ingiurie che rende attiva tutta la loro energia, debbono per certo a tali infervorati competitori resi per l'accanimento insuperabili, le mille volte quelle carnose macchine, inferiori trovarsi; epperciò non parrebbe dover dubbiosa riescire la lotta. Eppure, quante volte non abbiam noi veduto popoli insorti, cittadini da purissimo amor di patria stimolati, che, per mancanza di tempo ad ordinarsi o perchè non vollero, o non seppero mettersi a campo in bande, soggiacquero, e l'ordine e freddezza di vilissimi servi, l'entusiasmo, e l'ardore vinsero di valorosissimi campioni della patria!
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