Le stravaganti imprese di Alessandro, (detto il grande) le sue spedizioni in Persia, e nelle Indie, la sua pazzia, di attraversare le arenose pianure della Libia, per quindi con grande spesa il titolo di figlio di Giove Ammone portarsi a comprare, ed esporre in quel modo il suo esercito al rischio di perire di sete, e di fatica, ed al suo nemico dar tempo di radunare nuove truppe, non furono certamente in nessun modo nazionali, come neppure lo furono le conquiste di Carlo XII, re di Svezia, grande suo imitatore, che per saziare la smisurata sua ambizione, onde rapire i regni altrui, ostinatamente arrabattavasi, senza delle migliori sue provincie, e del vantaggio di suoi sudditi curarsi, che iniquamente tiranneggiò, quando avrebbe potuto con gloria immortale nel godimento di quella libertà rimetterli da Carlo XI conculcata, alla quale, nemmen dopo la famosa giornata di Pultava, nella deserta provincia dell'Ucraina, dove lo Czar Pietro, quel pazzo conquistatore sconfisse, ma dopo la sua morte, alla successione al regno della principessa Ulrica, non fù dato di risorgere. E parlando di quell'epoca per la Svezia, sì avventurosa; saranno sempre da coloro, che hanno in pregio la libertà, con venerazione ed amore, gl'illustri nomi dei Bibing, Horn, Ferfch e Creutz, rammentati, che colsero alla morte di Carlo la favorevole occasione di richiamare in vigore la calpestata libertà del loro paese. Tutte le guerre, che dai governi costituzionali s'imprendano, sono per l'ordinario, od almeno esser dovrebbero giuste, e nazionali, perchè siccome nei rappresentanti del popolo la facoltà di accordare, o negare il danaro necessario per intraprenderle, risiede; non pare possibile, a chi da onest'uomo la pensa, che quelli esser possano così sciocchi, vili, o malvagi di poter a sangue freddo la vita, e le sostanze dei loro committenti, ad un mero capriccio, od al solo vantaggio di famiglia del re, che siede in trono, sagrificare.
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