Don Isidoro Mir, in Ispagna, condottiero d'una banda, ebbe sempre in questa sorta di maneggi un giudizio fino e politica particolare. Non solo molti paesi, per dove passava, non soffrivano, ma bensì, ed in ispezialità le classi povere degli abitanti, vi guadagnavano. Facevasi egli dai paesi i più lontani, e ritirati dal circolo delle sue operazioni, quasi continuamente le vettovaglie condurre, sempre per tali esazioni quelli preferendo, che per la loro prossimità ai punti occupati dal nemico, e per qualche particolare accidente, stavano sotto la sua influenza, od essendo alle sue massime propensi, la guerra che lor si faceva, con orrore, e con disprezzo riguardavano. Un giorno, il caso presentossi, che uno dei magnati di questi ultimi paesi, gli somministrò l'opportunità di provvedere all'alimento della sua truppa, per più di due mesi, calzarla, e quasi del tutto vestirla, senza nulla nè al paese di residenza del reo, nè agli altri che per l'ordinario somministravano il suo mantenimento, addimandare. Un giovane imprudente, allucinato dalla bella mostra marziale dei Francesi, ed inseguito dalla sua famigliare comunicazione con quelli in Talavera, dove spesso frequentava, sedotto, promise al comandante francese di quel punto, di dargli lingua, onde il destro agevolargli di sorprendere Mir; e col pretesto di compartirgli un gran numero di camicie, ed altri effetti per la sua truppa, invitò quel condottiero a trasportarsi al suo paese. Mir, a questo liberale invitamento, come quel che sapeva per varie ricevute relazioni, che quegli molto intimamente coi Francesi di Talavera se la faceva, forte maravigliossi: accettò non dimeno l'invito, e marciò alla volta di quel paese, non tralasciando però di prendere tutte quelle precauzioni che dalla prudenza gli vennero dettate.
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