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      Quella fermezza incapace di cedere agli ostacoli, e rovesci, deve, per assoluta necessità, essere il compartimento di un condottiero, e chiunque, una tale disposizione d'animo vigoroso, in sè stesso esistere, non riconosca, gli è giuoco forza, come inabile, a tal carriera riputarsi, non meno, che, al titolo di forte, ed alla gloria, rinunciare. La qualità della sua truppa, la quasi necessaria indisciplina, il numero ristretto della gente di cui sono per l'ordinario questi corpi, composti, la necessità, in che continuamente dovrà trovarsi, di provvedere da sè solo al vestire, ed alimento della truppa, locchè comunemente presenta non poche difficoltà in paesi dove la stessa insurrezione porta con sè un quasi assoluto disordine; e finalmente le ordinarie vicissitudini della guerra, con frequenza, in una situazione tanto critica lo porranno, che una sola decisione a tutta prova, con disprezzo stoico dei pericoli, e difficoltà, che lo circondano, ed in somma un'animo intrepido, potranno, con utilità della patria, fargli ottener la palma della difficile impresa.
      Art. 2°. Il condottiero d'una banda, deve avere una cautela, e vigilanza tale, che diffidando di tutti, e fino de' suoi stessi partigiani, non dimostri diffidare di chicchessia.
      La più difficile qualità da rinvenirsi in un condottiero, si è quella diffidenza generale di tutti quanti lo circondano, senza che nessuno, di quella si accorga, ma anzi di tutto il contrario sia persuaso. Dar regole certe, e sicure sopra d'una tanto importante materia, sarebbe cosa del tutto impossibile.


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Della guerra nazionale d'insurrezione per bande applicata all'Italia
di Carlo Bianco di St. Jorioz
1830 pagine 508