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      Se mai perverranno con queste arti, gli avversarj, a trarre l'insorta banda nel laccio teso, e ad accettare il loro perdono, persuaderla, della confidenza alle loro illusorie promesse prestata, s'approfitteranno, e quell'opportuno momento coglieranno per separare i volontarj, o sopra ognuno di loro alla spartita fermato, l'intiera vendetta del brutale despotismo offeso, fare con iracondo, e spregievole sorriso, rabbiosamente piombare. Animati dal puro, ed ardente fuoco della libertà, ed independenza della patria, i volontarj, ogni lusinga, ogni proposizione, ogni promessa metteranno in non cale, persuasi che con tali nemici, non si dovrà mai negoziare e che la guerra non si deve, che dopo la compiuta totale distruzione d'una delle parti, come terminata, considerare. Secondariamente, l'altro partito a che possono i nemici appigliarsi, quello sarà di correre addosso alla banda, ed alla sua distruzione, prima che si aumenti, e diventi più formidabile, ogni lor cura rivolgere; praticando a tal'uopo quanto viene al libro terzo da Polibio raccomandato. Ei pensa che un esercito(265) aggressore debba cominciare con un'azione forte e strepitosa, il primo risultamento di che, si è quello di spaventare il nemico, ed il secondo di staccare, e conquistare i suoi alleati, con aggiunger a ciò una imprevveduta diligenza. Tale fu la condotta dei grandi capitani, d'Annibale, Cesare, Emilio, Filippo, etc. E seguendo i precetti del generale Santa Croce, il quale paragona le rivoluzioni alle fontane, che vicino alla loro origine valicare si possono con facilità, ma che lungi, da quella, nemmeno si possono, senza grande pericolo guadare; spediranno i nemici truppe da ogni parte ad assalire vigorosamente la banda.


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Della guerra nazionale d'insurrezione per bande applicata all'Italia
di Carlo Bianco di St. Jorioz
1830 pagine 508

   





Polibio Annibale Cesare Emilio Filippo Santa Croce