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      Persuase quelle potenze, che la forza italiana si possa da sè stessa sostenere, e che tutta la probabilità del buon successo inclini dal canto delle armi rigeneratrici; invieranno agenti publici, o privati: e così varj di quei cittadini conosciuti per essere ancora non affatto scevri dall'infezione dell'antecedente stato di servaggio, al danno dell'Italia assolderanno che per poco, o molto, venduti come strumenti delle prave macchinazioni straniere, avranno principalmente l'incarico di suscitar timori, divulgar false notizie, seminar la diffidenza fra i cittadini, calunniare i migliori ed i preposti al governo, e l'uno contro l'altro, quelli stimolare, sparger la beffa sulle più belle cittadine intraprese di quel condottiero, che vero amatore della patria, guerreggierà, non seguendo le romanzesche leggi de' cavalieri erranti: e ciò per rapire a quel patriota l'opinione che d'aumento notabile della sua banda sarebbe cagione e la via gli spianerebbe a nuove luminose vittorie. Questi agenti avveleneranno con falsa interpretazione i discorsi de' migliori fra i cittadini, e le opere de' principali atleti difensori della patria, onde spargere la diffidenza, confusione, malcontento, terrore e così movere fazioni, e tener sempre gli animi divisi. Tuttocciò tenteran gli stranieri, per essere invitati a porgere o per dare officiosamente amichevole consiglio, e per offrire la protezione de' loro gabinetti. Saranno pure incaricati gli stessi agenti pubblici o privati di propagare a suon di tromba pel mondo, che il paese trovasi sull'orlo del precipizio, di gridare all'anarchia, all'assassinio, alla violazione dei diritti e patti, che legano gli uomini d'una stessa nazione fra di loro, abbenchè sappian costoro che non possono in quel tempo i diritti, i patti aver vigore, perchè cessarono, quando furono da coloro contro de' quali l'Italia guerreggia, violati ed atrocemente conculcati, e che appunto per lo stabilimento della unione, ha impugnato le armi.


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Della guerra nazionale d'insurrezione per bande applicata all'Italia
di Carlo Bianco di St. Jorioz
1830 pagine 508

   





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