Vorremmo pur tutti narrare i fatti, che tanto in quella guerra gl'Italiani illustrarono, onde con esatto racconto forse da altri sin oggi non intrapreso, la memoria di quegli esuli, a posteri raccomandare. Ma nostro scopo non essendo ora di narrar quelle pugne, lasciamo ad ingegno migliore del nostro, vasto campo a trascorrere. Onorevole impresa sarebbe pur questa, e della fama lesa a torto d'un branco d'Italiani, onesta vendicatrice. Noi sarem paghi di accennare i luminosi e mai sempre memorabili conflitti di Lladò e Llers, onde con la commemorazione di queste due sanguinose giornate, che tanto il valore degl'Italiani proscritti palesano, il nostro capitolo sù tal soggetto, con patrio elogio compire.
Era Mina in quel tempo, comandante generale della Catalogna, e come quello, che un Monteccuculi, un Federico, un Massena già credevasi addivenuto, perchè stato eragli conferito il grado di generale in capo, voleva trinciarla da grande ed in modo tutt'affatto diverso operare da quello che, quando sovrastava ad una banda, trasse tutta Europa in ammirazione, ed avevagli una così abbondante messe d'allori acquistata. Lungo tempo però non tardarono gli avvenimenti a persuadergli, che non dal grado ma solamente da lungo studio e meditazioni, la capacità d'un generale proviene. Imperciocchè, quando contro a generali anziani, ammaestrati alla scuola del miglior capitano del secolo, fu astretto a comandare grandi evoluzioni di linea; quantunque di elementi che lo avrebbero reso di molto superiore al nemico, abbondasse, da poco saggio timore sorpreso, al nome solo di francese, allibbiva, di mantenersi al loro cospetto, l'animo non più sentia la forza.
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