Queste stesse condizioni, poi, così come la resistenza che può opporre la costituzione dell'individuo, determinano la durata della malattia e il suo esito.
Quanto alla durata, può oscillare fra limiti assai ampi, giacchè a lato di malati che riescono a difendere la propria vita per venti, trent'anni e più, ne abbiamo altri che la perdono nello spazio di poche settimane, come suol avvenire nella tubercolosi miliare acuta, e nelle forme galoppanti della tubercolosi polmonare.
Riguardo all'esito, è affatto erronea la credenza comune, che la tubercolosi termini sempre colla morte. I casi di guarigione sono tutt'altro che rari e, come vedremo, vanno crescendo rapidamente di numero sotto l'azione di più razionali metodi di cura.
Tuttavia, e il tacerlo non giova, esito frequente della tubercolosi è la morte, la quale può esser dovuta a ragioni diverse, o a varie ragioni ad un tempo. Anzitutto alle estese distruzioni degli organi colpiti dalla malattia, in quanto che è agevole comprendere, come un polmone largamente scavato da caverne, o una mucosa intestinale per buona parte distrutta da ulceri non possano più funzionare in quella misura che è necessaria per la conservazione della vita.
In altri casi la morte può provenire tanto dalle infiammazioni diffuse che conseguono allo sviluppo dei tubercoli, come avviene nelle meningiti tubercolari, o nei casi già citati di diffusione alla pleura, al pericardio e al peritoneo, quanto dalle emorragie che si verificano per erosione delle pareti dei vasi sanguigni, e di cui abbiamo un esempio purtroppo frequente e conosciuto nella tisi.
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