Tanto maggiore quindi è l'importanza del fatto che più di un terzo delle morti vi è dovuto alla tubercolosi, e solo un terzo dei morti vi è immune da tubercoli.
Ma non basta! Chi vuol rendersi conto più esatto della terribile influenza che la tubercolosi esercita sulle popolazioni, deve mettere a calcolo anche i due fatti seguenti:
1.° La maggior violenza della malattia si spiega nelle grandi città; vale a dire nei focolai più attivi e preziosi dell'attività umana. Ad esempio, ecco la mortalità per tubercolosi in rapporto a 10 mila abitanti verificatasi nell'anno 1896 in alcune grandi città italiane, paragonata con quella dei Comuni minori del Regno.
Padova 44,5 Napoli 29.2
Venezia 34,6 Firenze 27,4
Bologna 33,6 Torino 23.9
Genova 33,2 Palermo 22,2
Roma 30,4 Comuni minori 17,1
Milano 29,3
Una lugubre statistica, e recentissima, che illustra dolorosamente le condizioni sanitarie della popolazione lavoratrice delle grandi città, è quella degli operai delle piccole industrie di Vienna.
Due terzi di essi, in media, muojono di tubercolosi, con questa differenza fra le diverse categorie, che nei fabbricatori di pettini e ventagli la mortalità sale fino al 75 per cento, nei sarti al 72, nei tappezzieri al 71,4, nei calzolai al 71,2, ecc., mentre nei fornai si riduce al 43,9, e nei pasticcieri al 33,3 per cento. E se muojono in grandissimo numero, muojono anche in fresca età, giacchè l'età media dei morti varia fra un minimo di 25 anni pei pasticcieri e un massimo di 41,1 pei fornai.
2.° Se si prescinde dalla prima, infanzia, il maggior numero delle vittime è mietuto nel periodo di vita che va dai 15 o 20 ai 60 anni, cioè nell'età in cui l'uomo è più proficuamente operoso.
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