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      Non solo si era risolto il problema scientifico, ma si era aperta una buona via per arrivare alla prevenzione della tubercolosi, perchè è evidente che, conosciuti i veicoli pei quali il bacillo entra in noi, si sarebbe forse riusciti a tagliargli la strada.
      Si può immaginare con quanto zelo, con quale entusiasmo gli studiosi si sieno messi al lavoro, e fortunatamente per l'umanità l'esito coronò i loro sforzi.
      Anzitutto venne assodato che il bacillo tubercolare non è di quei microbi che, come quello del carbonchio, possono facilmente trovare condizioni favorevoli alla loro moltiplicazione indefinita anche fuori dell'organismo animale, nel mondo che ci circonda.
      Fuori del corpo esso trova ostacolo: 1.° nella temperatura, giacchè non si moltiplica che fra i 30° ed i 41° C.; ora, nei nostri climi questa temperatura si ha di raro nell'estate, e quando si ha, facilita il disseccamento della sostanza contenente i bacilli e quindi impedisce la loro moltiplicazione; 2.° nella difficoltà di trovare delle sostanze che siano adatte alla sua nutrizione; 3.° nella lentezza con cui si sviluppa, la quale permette ai microbi comuni, innocui, che si trovano dappertutto ed hanno una energia di sviluppo incomparabilmente maggiore, di soverchiarlo e d'impedire ogni ulteriore sua moltiplicazione.
      Ognuno comprende la straordinaria importanza di questi fatti. Non potendo i bacilli vegetare indefinitamente fuori del corpo animale, la loro presenza nel mondo esterno sarà limitata a quei punti in cui si trovano gli animali che li producono e li diffondono intorno a sè, e meno difficile quindi sarà il distruggerli.


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Contro la tubercolosi
di Giulio Bizzozero
Treves Milano
1899 pagine 134