Tutto ciò si deve far conoscere al malato, sia perchè giova alla sua cura, sia perchè persuade alle dovute cautele anche quegli egoisti, che non badano alla preservazione altrui se questa deve essere ottenuta con qualche loro piccolo incomodo.
Non si può credere fin dove arrivi l'egoismo feroce di alcuni malati. Cornet racconta di un operaio tisico che, nonostante i ripetuti avvertimenti, non volle usar mai precauzioni riguardo allo sputo; anzi, talora passava il suo tempo spurgando quanto più alto poteva contro la parete. Avvenne quello che doveva accadere; poche settimane dopo di lui morivano di tisi sua moglie, prima sana e fiorente, e il suo unico figlio. In questi casi spetterebbe alla legge di provvedere: queste canaglie dovrebbero essere trattate alla stessa stregua dei pazzi furiosi, i quali, se non altro, hanno l'attenuante dell'irresponsabilità.
Quando si usano rigorose precauzioni riguardo allo sputo, l'assistere i tubercolosi riesce poco o punto pericoloso, e viceversa. Secondo Cornet, in Prussia quando, una ventina d'anni fa, ancora non si pensava a queste cautele, la mortalità delle suore cattoliche addette agli ospedali era rappresentata per due terzi, e talora per tre quarti, dalla tubercolosi; e lo stesso, secondo Pincher, succedeva a Meran, nel Tirolo, quantunque le suore fossero tratte dalle più sane e robuste famiglie del Tirolo e della Svizzera. Presentemente le cose sono così mutate che, p. es., secondo riferisce Fürbringer, sopra 708 suore che prestarono servizio in questi ultimi dodici anni nell'ospedale Friedrichshain di Berlino, e vi curarono 9 mila tubercolosi, soltanto 13 morirono tubercolose, e di queste, anzi, sei erano già tisiche al loro entrare nell'ospedale e sei avevano disposizione ereditaria alla tisi.
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