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      Ora è chiaro, che se la trasmissione ereditaria della tubercolosi fosse un fatto frequente, questi bambini, provenendo dalla popolazione più povera e quindi più bersagliata dalla malattia, avrebbero dovuto dare un numero di malati incomparabilmente più grande. Invece l'allontanamento dai genitori li sottrasse al contagio e salvò loro la vita.
      Fatti consimili vennero osservati a Norimberga e a Pietroburgo.
      Nell'orfanotrofio di Monaco si riuscì a raccogliere notizie precise intorno allo stato di salute dei genitori; su 613 bambini che vi vennero accolti negli anni compresi fra il 1876 e il 1883, non meno di 263 avevano perduto uno od entrambi i genitori per tubercolosi; eppure, non uno di essi cadde vittima della malattia.
      La conclusione che se ne ricava è consolante. I figli di genitori tubercolosi hanno tutta la probabilità di sfuggire alla sorte, che altrimenti li attenderebbe, quando vengano sottratti al contagio, ed allevati in modo da combattere quella debolezza, quella semplice disposizione alla tubercolosi, che talvolta, non sempre, hanno avuto effettivamente in eredità.
      Finora ci siamo occupati della debolezza congenita. Ma anche chi è nato tutt'altro che debole, può diventar tale a cagione delle condizioni in cui scorre la sua vita. Tale debolezza acquisita noi la vediamo sopravvenire in coloro che vivono in cattive condizioni igieniche, abitano p. es. in camere o lavorano in opifici soverchiamente affollati, umidi, poveri di luce e d'aria, o con aria carica di polvere o di gas irritanti, si nutrono in modo insufficiente, faticano oltre la loro potenzialità fisiologica; oppure la vediamo tener dietro a parti troppo ripetuti, a un allattamento troppo protratto, a gravi e prolungati dolori morali, a soverchie fatiche intellettuali, e eccessi d'ogni genere; oppure, infine, la vediamo conseguenza di malattie svariate, che infiacchiscono profondamente l'organismo, quali le malattie croniche dello stomaco, il diabete, la tifoide, il morbillo, il vaiuolo.


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Contro la tubercolosi
di Giulio Bizzozero
Treves Milano
1899 pagine 134

   





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