Impiegati pubblici e privati 162,8
Panattieri, pasticcieri 162.0
Camerieri, domestici 147,8
Ingegneri, geometri 84,6
Pescatori 68,8
Medici, veterinari 61,2
Capitalisti, proprietari 58,7
Agricoltori 55,8
Avvocati, magistrati 49,2
Preti, Monaci 46,3
Pastori 44,6
Media di tutte le professioni 84,5
Faccio grazia al lettore delle considerazioni filosofiche che scaturiscono da queste cifre; la tirannia dello spazio mi costringe a limitarmi a quelle che sono in più stretto nesso col nostro argomento.
Sbaglierebbe di grosso chi volesse spiegare la grande mortalità delle città e di alcune professioni soltanto mediante la diversa predisposizione alla tubercolosi, che è conseguenza delle condizioni di vita, in cui si trovano cittadini ed operai.
No, un'influenza assai grande vi ha il contagio. Nelle strette ed affollate case cittadine, nei collegi, negli opifici, ove lavorano tutto il giorno numerosi operai, i bacilli tubercolari sparsi cogli sputi sul pavimento ed accumulati nell'aria male rinnovata trovano terreno quanto mai propizio per diffondere la malattia; mentre si hanno condizioni perfettamente opposte per coloro che, come i pastori e gli agricoltori, vivono all'aria pura della campagna.
Però non si può disconoscere che a lato del contagio hanno importanza grande la costituzione dell'individuo e le influenze che subisce nell'esercizio della sua professione.
Nella popolazione povera, molti sono già deboli dalla nascita, perchè figli di genitori indeboliti dalla fame e dalle fatiche, dalla vita sregolata, dall'alcoolismo.
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Monaci
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