Come appare da queste cifre, dedotte da osservazioni durate parecchi anni, l'impianto di un sanatorio, anzichè aumentare la tubercolosi nella popolazione circostante, vale a diminuirla. Nè è da farne le meraviglie, poichè il sanatorio anzitutto, procurando alla popolazione nuove fonti di guadagno, la mette in migliori condizioni di vita, poi perchè dagli ospiti del sanatorio vengono diffuse nel paese, coll'esempio, le norme più adatte a conservare la salute e ad impedire il contagio.
La scoperta che la tubercolosi è malattia che si può prevenire e curare, e che il buon esito della cura è tanto più probabile quanto più presto essa s'incomincia, ha singolarmente aggravato la responsabilità del medico verso i suoi clienti e le loro famiglie, e gli ha imposto due importanti doveri. Anzitutto egli ha l'obbligo d'addestrarsi, con tutti i mezzi che la scienza insegna, a riconoscere la malattia fin dal suo primo apparire, giacchè questa sottigliezza di diagnosi mira non ad una meschina soddisfazione d'amor proprio di fronte ai colleghi che potrebbero, oltre a lui, visitare il malato, ma sì a mettere quest'ultimo sull'avviso mentre è ancora in condizioni di poter guarire.
In secondo luogo il medico ha il dovere, appena riconosca o sospetti l'esistenza della tubercolosi, di dire senza ambagi la verità al paziente ed alla sua famiglia. Si capisce come in passato, quando la diagnosi della tubercolosi si riteneva equivalente ad una sentenza di morte, si cercasse di nascondere la natura vera della malattia per non spaventare il paziente e scoraggiare i suoi.
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