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      Invece, però, di guarire completamente, andò sempre peggiorando, benchè a lenti passi. Camminava, è vero, ma a stento, e più strascinandosi la gamba che non piegandola. In due mesi il ginocchio aumentò di un terzo il suo volume, senza presentare però mai in nessun punto diminuzione nella sua consistenza. Si mise di nuovo a letto; gli si applicarono sanguisughe e vescicanti senza altro successo, tranne quello, forse, di ritardare il progresso della malattia.
      Quando entrò nell'Ospedale il ginocchio era semianchilosato, colla gamba leggermente flessa sulla coscia: era la metà circa più grosso dell'altro, duro, non molto dolente.
      L'infermo aveva pure un ascesso alla regione posteriore dell'avambraccio sinistro, sottoaponeurotico, ed un tumore molle, sottocutaneo, alla regione del carpo dello stesso lato, piriforme, grosso quanto un'amandorla.
      Mancava il mormorio vescicolare all'apice dei due polmoni, dove pure si riscontrava ottusità alla percussione. Si sentivano a sinistra piccoli rantoli crepitanti, e sottocrepitanti. Aveva non molta tosse, e quasi niente di espettorazione.
      Nel tempo in cui si fermò nell'Ospedale non presentò mai notevoli cambiamenti tanto nel suo stato generale, che fu sempre abbastanza misero, non ostante la cura ricostituente alla quale fu sottoposto, quanto nelle singole sue affezioni locali, che, a dir vero, non gli davano poi tanto noia.
      Si lamentava però sempre di dolori al capo, ora occipitali ed ora frontali, non riferibili ai nervi epicranici, poichè non erano punto dolenti alla pressione, e, d'altronde, le sensazioni che egli accusava erano profonde.


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Sui rapporti della tubercolosi con altre malattie
di Giulio Bizzozero
Vercellino
1874 pagine 30

   





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