Ma queste, forti del loro dominio e della loro durata, reagivano contra tutte le contrarie tendenze. Nello stato dello scibile si vede chiaramente questa lotta ed i suoi caratteri. L'amore dei classici dell'antichitá spinto fino alla superstizione faceva entrare la filosofia antica, la giurisprudenza ed il dritto romano negli studi dell'epoca, i quali dovevano combattere la filosofia scolastica ed il dritto canonico, che si difendevano e si amalgamavano a vicenda con questi nuovi elementi. La letteratura e le lingue della classica antichitá si trovavano nella stessa posizione in presenza delle nuove lingue europee e della letteratura che ne derivava nelle diverse nazioni formate sulla rovina dell'impero romano. Le scienze esatte contavano giá egregi cultori come Regio Montano, Liva Poggioli, Lucio di Borgo celebre nel calcolo algebraico, e Copernico che aveva applicato le matematiche ed il calcolo all'astronomia. La bussola ritrovata nel decimoquarto secolo, i nomi di Gioia, di Lullo e di Musa, l'invenzione della stampa circa il 1440, tutte sono pruove del progresso delle scienze in quel periodo. Le naturali non potevano fare gran passi, giacché le esatte non erano giunte ad un grado da renderne l'applicazione compiuta. Ma il carattere generale della coltura può riassumersi dicendo che la scienza era piú considerata come una serie di veritá la cui cognizione doveva soddisfare la intelligenza umana, che come una utile applicazione ai bisogni generali della societá; disposizione naturale a tutte l'epoche di creazione e di risorgimento, mentre vi sono degli sforzi che l'uomo fa per l'amore del bello e del vero piú che non farebbe per quello dell'utile.
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