Radunata la forza armata indistintamente da per tutto, raccolta in nome dell'autoritá regia e da lei mantenuta ed amministrata, ridotta a vivere costantemente sotto il medesimo tetto, lontana dalla famiglia e dalle affezioni locali, sottratta ai doveri della comune e del feudo, potettero allora apparire la istruzione uniforme e la disciplina; cioč potettero i soldati presentarsi sul campo preventivamente istruiti coi medesimi princípi, informati dalle medesime abitudini, animati dal medesimo spirito e stretti dall'intimitá della continua obbedienza ai capi, nei quali rispettavano non giá i loro padroni ma i depositari del potere monarchico, alle cui leggi capi e soldati erano egualmente e promiscuamente soggetti. L'esercito divenne una corporazione compatta, con leggi, doveri, diritti, vizi e virtú speciali, cessando di essere un accozzamento incoerente di genti tra loro sconosciute e sovente nemiche.
L'aristocrazia ritenne, egli č vero, il dritto di comandare, generalmente parlando, ma non quello di possedere il corpo militare. Essa poté comandare la forza pubblica, non giá secondo i suoi interessi, non nel modo e pei fini dell'ordine feudale, ma dirigendola con leggi da lei non fatte né consentite. Il monarca scelse tra i baroni, ma ciascuno di loro non sovrastň al monarca: furono stimati soli atti al comando, ma comandarono per elezione, fecero la guerra per dovere e non per diritto. L'uso e l'abuso della guerra e degli armati passň in altra mano. Essi in una parola comandarono come ufficiali e non come baroni a soldati non propri.
| |
|