Difatto se la guerra č uno stato violento ed eccezionale nell'essere sociale, lo scopo e la natura di quest'arte debbono consistere nel farlo cessare il piú presto che sia possibile per rientrare nello stato normale; dal che consegue la necessitá di fare al nemico il massimo male nel minor tempo, e quindi la guerra di movimenti che agevola la celeritá delle operazioni. Cosí hanno operato fra gli antichi Alessandro, Annibale e Cesare, e fra i moderni Gustavo Adolfo, Montecuccoli e Turenna; al contrario di altri, sommi guerrieri per altro, quali Luxembourg(21), Villars, Vandôme, Berwick, Eugenio, Malborough, Staremberg, Catinat, Baden, i quali avean ridotto le battaglie o ad un qualche stratagemma ordinato fuori della visuale del nemico, come nel movimento di Luxembourg a Fleurus contro il Valdeck; o ad una sorpresa, quale fu quella fatta dal principe di Orange senza successo a Steinkerque contro Luxembourg; o a difendere accidenti di terreno fidando sulla forza di un'artiglieria accresciuta ma poco mobile e di una fanteria che dopo spiegatasi era incapace di mutar ordine, come nelle battaglie di Nervinde, di Ramillies, di Malplaquet, di Almanza, di Bleinheim e di Fridlingen; o a chiudersi in linee fortificate, come in quella di Torino nel 1706; o a mettersi dietro a ridotti distaccati che lasciano possibile l'offensiva, come quella di Pultawa nel 1709 tra Pietro e Carlo decimosecondo. L'offensiva ancora mancava di energia: non rapidi movimenti operati sul campo di battaglia, non alcun artifizio di tattica per modificare l'ordine primitivo(22). Ecco perché erano cosí sterili di conseguenze le sanguinose battaglie di Ramillies, di Ma
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