Quella pronunziata da Pericle e riportata da Tucidide nella Guerra del Peloponneso, le parole eloquenti di Demostene che giustificava la guerra benché infelice contro Filippo e giurava per le ceneri degli estinti in quella lotta, rivestono tutte l'istesso carattere e si prefiggono lo stesso scopo.
Quando portiamo il nostro sguardo sulle storiche composizioni non ci č difficile di scorgere che i loro autori mirano ad attingere lo stesso scopo dai poeti raggiunto nelle prime epoche della vita de' popoli, cioč a delineare il quadro delle azioni e degli uomini illustri che avevano contribuito allo stabilimento, alla conservazione o all'ingrandimento dello Stato. La sola differenza č nel metodo, mentre i racconti in prosa, rivestiti di tutti i caratteri dell'istoria, dimostrano popoli di giá inoltrati nella civiltá, la lingua dei quali č fermata. Infatti Erodoto, padre dell'istoria, compose il suo immortale racconto che lesse in una solennitá nazionale per descrivere la lotta sproporzionata in cui i greci trionfarono dei persiani, l'Europa dell'Asia e la civiltá che progredisce di quella che sta ferma. Tucidide, Senofonte, Livio, Sallustio e Tacito raccontano nelle loro storie le guerre che hanno contraddistinto i periodi da essi descritti, e da queste narrazioni si deduce l'avanzamento o la decadenza delle nazioni. Polibio e Plutarco altro scopo non presero di mira nelle loro opere, benché il facessero sotto forma diversa, ma pure riflettendo pienamente lo stato della civiltá. Sarebbe lungo e fastidioso il richiamare alla memoria de' nostri colti lettori tutti gli storici moderni.
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