La capigliatura della sposa col cuspide di un'asta spartivasi, in auspicio di maschia e forte progenie.
La sposa stessa quindi s'incoronava, le si imponeva una cinta di lana. Tre fanciulli, detti Paraninfi, alla maritale casa l'accompagnavano, portando ciascuno una face o teda di pino resinoso. La seguivano pure le ancelle, recando, in segno della vita laboriosa cui era consacrata, la conocchia, il fuso ed altri strumenti di donnesche occupazioni. Gli amici, i vicini, i parenti solennizzavano quel giorno, e di qualche utensile o vezzo regalavano la sposa: ed un impubere fanciullo detto Camillo, in un vaso chiamato Cumera, portava gli ornamenti e la bolla che all'infante nascituro soleansi appendere al collo. Giunta alla nuova sua casa, la giovinetta, interrogata chi ella fosse, rispondeva: Dove tu sarai, o mio sposo, ivi io pure saṛ. Essa ungeva tosto di adipe di lupo o di maiale le imposte dell'abitazione, col che stimavasi di allontanare i cattivi auspicii. In argomento di pudore, essa non entrava nella casa del marito, ma eravi da questo fra le braccia portata, quasi ritrosa ed invita vi adisse. Immediatamente le si consegnavano le chiavi, le si offriva l'acqua ed il fuoco: lo sposo restituiva a lei ed ai parenti la cena che la sera degli sponsali gli avevano data, mentre i servi cantavano i versi detti Fescennini. E finalmente la comitiva ritiravasi, dando e ricevendo scambievoli donativi.
§ 19. Era, presso i Romani, in uso il Divorzio. - Romolo aveva permesso il divorzio ai soli mariti, non alle mogli; ed a quelli soltanto in certi determinati casi, cioè: se la donna avesse avvelenato la prole: se, inconsapevole il marito, avesse bevuto vino ecc.
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