Un innoltrato incivilimento avea favorito ed accresciuto il potere delle italiane republiche, malgrado la picciola estensione del proprio territorio, e la poco attezza loro nelle arti della milizia. Genova, per sè stessa, non era cosa di rilievo. I suoi nocchieri eran buoni, quantunque altrove ve ne fossero di meglio. Le soldatesche, raccozzate un po' da per tutto, non avean l'indole marziale, il mirabile ardire, nè l'aspera natura dei Corsi. Di questi, molti militavano per la republica, ed altri stati. Addimandati per le virtù che gli ascrivevano, allora come oggi, tra i più formidabili soldati, l'avverata fama loro confermava sempre più i Genovesi nell'esosa politica che stabilivano a riguardo dei nostri isolani.
L'incremento di Genova l'innalzò un tempo al primo grado delle potenze europee. La vasta distesa della Corsica, le propizie sue spiagge marittime, l'ottima positura nel Mediterraneo, gl'inaccessibili monti, gl'impavidi figli potevano costituirne l'indipendenza, farla gareggiare con la signoria ligure, ed anche attrarla.
Ricorriamo a quei tempi. I scaltri ed accidiosi dominatori dell'isola possono aver ragionato così: «O Corsi, sudditi nostri, tra poco, se ne aveste il destro, ci sfuggireste di mano. I vostri militi, che formano il nocciuolo delle nostre bande, combatterebbonci. Smunti, ingrassate gli officiali, e i mercanti nostri. Liberi, le vostre sostanze profitterebbero al vostro proprio accrescimento. Il vostro naviglio emulerebbe quel di Genova. L'ammaestramento, la pace interna, produrrebbero sommi cittadini nel maneggio delle cose publiche, siccome le vostre naturali, arrischievoli inclinazioni hanno di già suscitato strenui guerrieri.
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