Per dir tutto, ci oscurereste, e forse anche, da voi saremmo ridotti in servitù. No! sospetti di tanto eccesso, meglio è ritenervi, quasi appestati, in perpetua quarantina. Il monopolio, le incette, l'usura aggraveranno la poca vostra industria, schiacceranno l'agricoltura, e faranno nullo il vostro traffico. Fortezze e torri dovunque sul vostro littorale, innumerevoli satelliti, una continua bloccatura marittima faranci malleveria della vostra arrendevolezza; e tanti provvedimenti non ci costeranno un quattrino, anzi intascheremo lo sparagno operato sulla somma che ci pagherete, per guarentirvi sì fattamente. Dazi e rovinose gabelle vi accamineranno, chi sa? alla disperazione, ma vi rapiranno la vigoria e il dignitoso contegno della prosperità. O spargerete il sangue negl'infruttuosi tumulti, o le lagrime struggeranno il vostro cuore di bronzo; e noi, vostri signori, v'avremo soggetti, esausti sì, ma docili.
«Vi sarà celata la civiltà italiana. Il mar tirreno sarà il porto di Genova, e la Corsica una specie di Tauride, donde i forestieri saranno rispinti, non dagl'indigeni, ma da chi sovr'essi ha dominio. In guerra, non otterrete verun grado o comando; in pace, d'altro non saprete se non di ciò che v'insegnerà qualche sudicio frate, che saprà di latino quanto basti per intonacare le pareti del convento. La contrada del sole, del mare azzurro, delle gigantee vette serene, delle nevi perpetue, non metterà in luce uno scrittore, nè pur di mediocre ingegno. Le vaste querce, i colossali larici, fratelli dei cedri del Libano; gli amorosi mirti; i cisti, rose dell'arcipelago ionico; l'aquile sparite dai romani vessilli; i mostruosi altori, draghi non favolosi, che diradano gli armenti; i mufi più belli dei camosci delle Alpi; tante maraviglie in somma, non ispireranno un poeta che le celebri.
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