«Tanti anni, con durissime ritorte.
«Mille voti di lotta e di vendetta
«Nacquero dai supplizi e dalla morte.
«La culla di Sampier non è sì abbietta
«Che i Genovesi abbiano a trarla a sorte;
«E lungi dall'averla sottoposta,
«Gli usurpatori pagheran la posta.
«L'abbominato Doria è di ritorno.
«Di far strage di noi s'è dato il vanto;
«Ma di restar bugiardo avrà lo scorno,
«Chè il diritto e il valor ci stanno accanto.
«Risplende alfine il fortunato giorno
«Delle percosse, desiato tanto.
«Avale, tocca a voi di far che vada
«L'odïoso nemico a fil di spada.
«Il genio della Corsica è l'ardire.
«Forse languì, ma in oggi si ravviva.
«Per la patria non basta di morire,
«Ma bisogna trionfar perch'ella viva.»
Disse, e finito appena ebbe di dire,
Che i suoi scoppiaro in replicati viva,
E quasi che la vita non gli caglia,
S'avventar difilati alla battaglia.
Ite, valenti: il vivere che montaA chi il riscatto della patria imprese,
Se indarno i rischi della guerra affronta,
Nè giunge a liberare il suo paese.
S'eternan l'ore, e coi sospir le conta,
Se la causa soccombe che difese;
E se vinto riman senza speranzaDi risorgere un dì, visse abbastanza.
Frenano a stento i corsi capitaniDei fidi loro il fervido coraggio.
Impazïenti di menar le mani,
Quei feroci trascurano il vantaggioDi ributtare gli aggressori estrani
Dalle chiusure a secco(16) del villaggio;
Ma Ceccaldi, severo, a tutti impone,
E dietro a quei recinti li dispone.
Le feritoie(17) onde erano muniteLe case, a fin di battere il di fuori,
Per ordine del duce, son guerniteDai più famigerati imberciatori.
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