E da migliaia di pungenti aculeiLi lascian tocchi.
Quei manigoldi, che spietati feceroDell'eroine nostre aspro governo,
S'avveggon che le Corse il braccio vindiceSon dell'Eterno.
Vicina ad esse, qual celeste arcangelo,
S'erge una strana donna all'improvviso,
Che affascina ed abbaglia quanti miranoLo scarno viso.
I cavi sguardi suoi buttano un fascioDi splendide, ma livide scintille,
E corre il dubbio a chi li vede sianoFaci o pupille.
In suon virile di trionfo scoppia,
Cupa, funerea, la favella arcana;
E sembra quella che avvertì il pericoloDi Calenzana.
Femmina o spettro, in un sudario ammantasi,
Che alle membra le fa velo letale.
Tema ai nemici, e ai Corsi incute audaciaE fede uguale.
Incoronata da raggiante aureola,
La vergine divina fu creduta,
Che la contrada sotto il nome veneraDi Restituta.
Come nel dì d'un gaio sposalizioTripudiante in paese, a larga mano
Le vecchie, amiche dei novelli coniugi,
Spandono il grano(22):
La santa donna profondea gran copiaDi serpeggianti e luminosi strali
Che di Doria agghiadavano i satellitiCome pugnali.
E dicesi che allor nel santuarioOve giace la diva, un venerando
Sacerdote che l'alto patrocinioStava invocando;
Commosso a carità dell'alma patria,
Sentì tumultuar nel sacro petto,
In quell'ora di lutto, e pur di gloria,
Ogni suo affetto.
Di Restituta all'alide reliquieAppressatosi supplice e divoto,
Scrutò il sepolcro, e sbigottito addiedesiCh'egli era voto.
Il vinto duce ai suoi che sopravvivono,
Comanda di salvar l'artiglieria;
Ma il vecchio Andrea che osservalo, contrastagli
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