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      Quello che egli era, l'aveva da sé; un'autorità morale smisurata, acquistata colla santità della vita, coll'ardore della convinzione, e per via d'un'inclinazione di mente e di animo, tutta conforme alla ragione e all'indirizzo dei suoi tempi. Nell'animo suo risplendevano di piú viva luce ed erano seguiti da una larga efficacia gl'ideali, ch'erano allora in cima dello spirito umano. E una siffatta autorità morale, in una società tutta ordinata a classi, in cui nessun potere spirituale era scompagnato dal temporale, e l'uno e l'altro si sentivano liberi di operare, occorrendo, con una violenza senza rispetto, non trovava nulla che le resistesse, nulla, né Papi, né Cardinali, né Imperatori, né Re, che non le si piegasse davanti!
     
      XII.
     
      S'è visto che Bernardo dubitava, se il cardinal Guido avesse chiamato a sé Arnaldo, non già perché non lo conoscesse, ma perché, pur conoscendolo, sperasse di ricondurlo all'obbedienza, come Pietro il Venerabile vi aveva ricondotto Abelardo. Secondo Bernardo, Arnaldo non era fuggito già d'Italia per sua scelta; ma il vigore apostolico aveva forzato lui, nato in Italia, a trasalpinare, e gl'impediva di rimpatriare. Ora noi sappiamo che Arnaldo a breve andare rimpatriò. Eugenio III, eletto papa nel febbraio del 1195, l'avrebbe chiamato e accolto a Viterbo che vuol dire o dall'aprile al novembre del 1145 o dal maggio al dicembre del 1146. Se ciò succedette, non poté essere senza l'assenso di Bernardo il santo. Bernardo Pisano, che aveva da papa preso il nome di Eugenio, era abate cisterciense di Sant'Anastasio, e dipendeva dal grande abate di Chiaravalle.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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